Domizia Lanzetta - Sacerdozio e liturgia nella Roma pagana
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Domizia Lanzetta - Sacerdozio e liturgia nella Roma pagana

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La religione Romana è stata confusa spesso con quella Greca, anche per il fatto che alcune divinità, sia Italiche che Romane, furono assimilate col tempo a quelle Greche. In realtà, la religione Romano-Italica presenta delle caratteristiche a tal punto specifiche, che molti dei suoi riti risultarono irriducibili a quelli Greci; ciò sia perché gran parte di essi traevano origine dalla enigmatica cultura Etrusca e dalla preistoria delle genti Italiche, come perché molti culti sono dedicati a divinità che non trovano confronto con quelle di altre popolazioni, come ad esempio i Lari, i Penati, i Mani, od ancora, Feronia, Semo Sanctus e Vica Pota.

Lo stesso concetto di Sacro si diversifica da quello dello hieròn  Greco; per i Romani, il termine “sacro”, oltre ad avere il significato che conosciamo, ne possedeva uno tutto particolare, che esprimeva l’idea  di   “estraniamento” da tutto ciò che è umano. Per fare un esempio, chi offendeva un tribuno della plebe, diveniva automaticamente “sacer” a Iuppiter, perché si era reso colpevole di aver trasgredito la “Sacrata Lex”. Il termine “sacro” acquisiva, in questo caso, il valore di “maledetto”, “scomunicato”,  ossia respinto dalla comunità degli uomini e abbandonato alla potente ed impenetrabile sfera divina; così come diveniva sacro anche chi contravveniva a certi divieti, come  la Vestale che infrangeva il voto di castità.

Nella mentalità Romana, il lessico religioso andava usato con la massima cautela e precisione, per cui il termine sacro non doveva essere confuso con quello disanto o di religioso. Lo stesso Dumezil, riferendosi ad uno scritto di Festo, si sofferma a sottolineare come, nella religione Romana, esistesse una  esatta differenziazione tra le espressioni: sacro, santo e religioso, in quanto queste vengono rispettivamente riferite a: sacratum edificium, consecratum deo sanctum murum, qui sit circa oppidum; religiosum sepulcrum, ubi mortus sepultus aut hinumatus sit. La prima è riferita agli dèi superi, la seconda in relazione alle porte e alle mura della città, l’ultima nel significato di “lasciato”, abbandonato a qualcosa di oscuro. Infatti Festo trae l’etimologia di religiosus  dal verbo relinquere e gli conferisce il significato di lasciato, abbandonato, in balia degli dèi Mani (e non da religare, riunire, legare, come altri ritennero).

Questi ed altri temi collegati alle primigenie divinità del Lazio e dell’Etruria ed ai riti ad esse collegati (così come pervenuti anche se in forma incompleta fino ad oggi) vengono affrontati in questo nuovo libro di Domizia Lanzetta, con il consueto scrupolo ed amore per l’antica tradizione italica.

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