Il 1921 sulle pagine dell’Assalto - Giacinto Reale
Giornale del Fascio di combattimento bolognese
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Emilio Gentile, nel suo ultimo recentissimo libro, ha coniato un neologismo, definendo “astoriologia” la
tendenza a giudicare e raccontare la storia (in particolare per ciò che riguarda il Fascismo), a prescindere dal suo
svolgimento fattuale. Invece, è dai documenti e dagli avvenimenti che bisogna partire, senza trascurare quella importantissima fonte che sono i giornali dell’epoca, rivelatori certamente di stati d’animo e sentimenti diffusi, spesso prima ancora che diventino idee politiche di successo. E’ il caso de “L’Assalto” di Bologna, che, nato alla fine del 1920 come organo di un Fascio minuscolo, in un città “rossissima”, diventerà ben presto –interpretandone le
istanze più vere- portavoce della gran parte dei Fasci locali, non solo della Regione e delle zone limitrofe,
molto sensibili alla penetrazione fascista, ma dell’Italia intera.
La prova evidente si avrà nell’estate del 1921, con il Convegno che, organizzato praticamente sulle pagine
del giornale, vedrà la partecipazione di rappresentanze di circa seicento Fasci, che respingeranno la
tesi mussoliniana del “Patto di pacificazione” e costringeranno il capo di Milano alle dimissioni dalla
Commissione Esecutiva del suo movimento. Dino Grandi, che è, di fatto, il combattivo ispiratore e
direttore del giornale, diviene così l’alter ego di Mussolini,nel crescendo di una pericolosa situazione di conflitto
interno alla quale solo il Congresso di Roma di fine anno porrà termine, con la vittoria degli antipattisti.
Tutto ciò, mentre Bologna, pur pagando un pesante tributo di sangue, vede crescere l’ influenza del Fascio,
guidato da quello che sarà, per un decennio almeno, uno dei massimi protagonisti del Fascismo, Leandro
Arpinati, che il giornale aveva fortemente voluto.
Dell’anno 1921, l’anno dell’affermazione fascista, sicuramente il più importante del quadriennio rivoluzionario, “L’Assalto” fa la cronaca fedele e minuta, imprescindibile testimonianza per capire il fascismo e le
cause del suo successo, nel solco della nota affermazione –che compie ottant’anni, ma è sempre valida- di Tasca,
secondo la quale “per parlare del fascismo, occorre farne la storia”.