Simone Pandolfi - Corti al vetriolo
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Simone Pandolfi - Corti al vetriolo

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Corti e medici nel rinascimento italiano

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La corte rinascimentale italiana rappresenta, nell’immaginario collettivo, una fucìna di capolavori d’arte e d’intelletto, un centro di potere locale e lo sfondo ideale per intrighi e congiure di ogni sorta; tuttavia, non è permesso dimenticare che la corte era anzitutto un palcoscenico sul quale diversi protagonisti si movevano, con il proprio ruolo e i propri limiti. Fra questi, anche il medico di corte, il physicus, doveva ritagliarsi un proprio spazio d’azione, che cercasse di conciliare la propria aspirazione medico-erudita con le impellenti necessità di cura del signore e del suo entourage. Il XVI secolo ha rappresentato, per la storia della medicina, il momento in cui l’utilizzo di veleni ha conosciuto un incremento più che significativo. I signori delle diverse corti erano certo spaventati dalla possibilità di essere avvelenati e, di conseguenza, cercavano di circondarsi di medici capaci e soprattutto in grado di individuare i sintomi o, più in generale, la presenza di veleni. La tossicologia rinascimentale, la sua rinascita dalle ceneri classiche e il suo sostanziale ampliamento divennero allora un sapere irrinunciabile per il medico che desiderava inserirsi e operare nel milieu della corte. In queste «corti al vetriolo», il medico assumeva un ruolo di grande prestigio, eternato spesso nei racconti, nelle cronache e, talora, anche in qualche statua.

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