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La parola all’Autore: “Al momento del suo ingresso in un conflitto iniziato un anno prima la posizione dell'Italia si poneva in termini assai diversi rispetto agli altri belligeranti. Per il governo e gli intellettuali italiani schierati a favore della guerra non valevano più le valutazioni che nel 1914 rendevano meno illogiche e demenziali le decisioni che portarono i governi a decidere per la guerra senza rendersi conto della belva che scatenavano sull’Europa. Nel 1915 tutto era ormai chiaro: inaudite sofferenze avevano fatto comprendere a chiunque dotato di ragione la gravità dell'errore commesso, perché le pur deboli giustificazioni del 1914 un anno dopo avevano perso ogni significato e legittimità. Si spiega così perché fin dall’inizio per combattere una guerra pseudo-patriottica fu necessario ricorrere ai processi militari, alle fucilazioni sul campo, alle rivoltelle degli ufficiali, ai fucili e alle mitragliatrici dei carabinieri, addirittura al fuoco dei cannoni per dissuadere interi reparti (ne avessero davvero l’intenzione o no) dalla resa”.