Covid-19 è il primo grande trauma collettivo dell’Antropocene, una catena di eventi materiali, culturali e sociali che stanno aggredendo il nostro immaginario con un impatto incalcolabile. Un effetto profondo della pandemia sarà costringere l’umanità al prossimo step cognitivo: l’accettazione della fine della pace climatica dell’Olocene. Abbiamo bisogno di tempo, ma il tempo a disposizione è poco. Negare il trauma, fare come l’erbivoro assalito dalla belva che si anestetizza per non vedere la fine è qualcosa che non possiamo permetterci.
Dissoluzione degli ecosistemi terrestri, questione animale, mutamento climatico, inquinamento e dissesto demografico, diaspora, populismo, suprematismo, erosione delle risorse, rinuncia alla complessità e banalizzazione del pensiero: siamo ancora lontani dall’estinzione, ma le sfide che attendono noi e i nostri figli sono vertiginose e inquietanti. Bisogna prepararsi con strutture mentali solide, praticare modelli etici inclusivi e immaginare con coraggio delle alternative.
Geografie del collasso è stato scritto per cominciare a capire il cambiamento, per reagire come persone pensanti agli effetti inevitabili dell’Antropocene.
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