Moses - Mauro Canavese
UN ALTRO GIORNO IN PARADISO
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Futuro prossimo. La società è stata riforgiata. È innocua, debole, concepita per essere una morbida e sonnolenta parodia della civiltà che l’aveva preceduta. Senza più una vera e propria storia o eroi da ricordare, si è trasformata in una distopia consumistica priva di sfide e problemi, solo sorrisi e piaceri. Molti la chiamano “paradiso”. Ma non lui. Non Moses.
Nella prefazione, Carlomanno Adinolfi scrive che «il protagonista Moses vede ciò che sognano i grandi burattinai, i fanatici dell’utopia, gli araldi del Bene. I loro sogni più nascosti, più intimi, non sono altro che i desideri archetipali di ogni essere umano: l’amore, la famiglia, una comunità con cui condividere il destino. Ovvero tutto ciò che hanno contributo a distruggere in nome del loro paradiso. “Immerso in questa realtà così perfetta, vedo il paradiso sognare la terra”. La grande realtà che si cela dietro questa intuizione è che le grandi utopie di oggi, quelle che sostengono di far evolvere l’uomo, non fanno che disumanizzarlo, togliendogli quanto ha di più profondo, proprio quello che lo rende uomo. Ma, soprattutto, la grande verità è che sono gli stessi araldi del paradiso i primi a percepire la stortura del loro mondo castrante e disumanizzante, una percezione che crea una lotta tra la realtà e la loro idea che non può avere tregua né sintesi, una lotta che li divora da dentro e che li rende mostri, non solo fisicamente, pieni di un odio inestinguibile verso se stessi che riversano automaticamente verso il resto del mondo».