Luca Squinzani - Lo stadio è di tutti
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Chiesa, salotto, trincea, suburra. È raro che un luogo di svago come lo stadio attiri su di sé tante definizioni, così diverse e, se vogliamo, assolute. Nel suo lavoro, che è poi l’esplorazione di un mondo che pensiamo di conoscere e invece ogni giorno ci spiazza, Luca Squinzani cerca di risalire all’origine di una vera e propria crisi d’identità. All’estero, dici stadio e vai tranquillo. Intendiamoci: per come si può andare tranquilli certe sere del terzo millennio. Da noi, il solo nominarlo comporta gazzarre architettoniche se non, addirittura, risse socio-politiche. Eppure parlarne dovrebbe essere bello e semplice. Semplice nel senso di normale...
Dalla prefazione di Roberto Beccantini
...adesso se ne riparla, senza però dire dove il calciofilo troverebbe i tanti soldi per frequentare questo stadio e le sue attrazioni, lui con i figli. Ma sino a poco tempo fa si diceva che tanto il futuro è la televisione che porta lo spettacolo nelle case, e si parlava di stadi piccoli, essenziali, per patiti del calcio, casomai per comparse pagate. Fra poco si cambierà tesi, prospettiva, o meglio di diranno le solite cose “vestite” diversamente...
Dalla prefazione di Gian Paolo Ormezzano
Le invasioni barbariche hanno fatto il loro tempo, ma i barbari da stadio sembrano non andare incontro ad un processo di estinzione che solo noi possiamo avviare. Problema non solo italiano ma globale in tempi di globalizzazione. Tutto si globalizza, anche i problemi. Stadi nelle periferie, scontri nelle periferie, scontri negli stadi. Tutto si mischia, tutto sembra perdere il senso logico. La storia dovrebbe insegnare, far ricordare, permettere di progredire non ricommettendo errori passati. Il passato ci propone storie epiche, aneddoti folgoranti, fatti storici a dir poco rivelanti. Lungo questa linea temporale, lo stadio è stato spettatore di tutti questi fatti e indirettamente li ha conservati e portati a noi durante e attraverso secoli, lustri e anni. La casa dei goliardici tifosi si avvia a essere gestita, costruita, vestita e svestita di pari passo con i tempi moderni. Purtroppo l’Italia sembra avere un passo più corto degli altri paesi. Un passo che prima o poi dovrà permetterci di saltare il fosso. Sì perché le invasioni barbariche da stadio dovranno terminare. Perché i barbari da stadio non ci saranno più, o meglio ancora, avranno concluso il loro processo di cambiamento diventando portatori sani di gioia, goliardia e valori. Forse utopia sì, ma un’utopia realizzabile.