Bagozzi, Bisceglia - Storia del calcio cinese
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La sfida cinese nel mondo del calcio è ambiziosa. Il cosiddetto “gioco del popolo” è infatti sempre stato un discorso molto elitario, dato che, ai massimi livelli, il suo grado di democratizzazione è bassissimo: basti pensare che nelle venti edizioni della coppa del mondo, ben tredici sono state vinte da appena tre squadre (Brasile, Italia e Germania) e le restanti sette edizioni sono nelle bacheche di quelle nazioni che compongono il resto dell’aristocrazia calcistica (Argentina, Uruguay, Francia, Inghilterra e Spagna). Lo spazio per le outsider è minimo, per non dire inesistente. Anche la scalata ai vertici dell’economia del calcio ha prodotto vittime eccellenti in passato. Con la comprovata lungimiranza, la classe dirigente cinese ha tutte le carte in regola per raggiungere l’obiettivo di “scardinare” questo oliato sistema, ribaltandone le gerarchie di potere.
Negli ultimi tre decenni la Cina ha conosciuto una crescita economica miracolosa, che ha permesso di superare 150 anni di storia nei quali il “Malato d’Asia” aveva perso il ruolo centrale nella geografia mondiale. Questo cambio di prospettiva della storia cinese è evidente anche in campo sportivo e, in particolare, calcistico. Se le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono la data simbolica che ha segnato la fine del lungo secolo delle umiliazioni, la stabilità economica, politica e gli ottimi risultati in campo Olimpico hanno assicurato alla Cina un ruolo di primo piano tra le super potenze sportive mondiali. Oggi è il centro della geografia calcistica il nuovo punto di arrivo del governo cinese, che fin dal 1949 ha seguito, seppur in circostanze e momenti storici differenti, con attenzione lo sviluppo, spesso incostante, del calcio locale.